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Le professioni del musicista 98

1998

Insegnamento musicale per il musicista

La domanda crescente di musica avvenuta negli anni Settanta e coincidente con l’istituzione dell’ente Regione ha portato alla grande proliferazione dei Conservatori di musica, ad un aumento consistente di Scuole di musica comunali nonché private, e al fiorire di iniziative di specializzazione e di perfezionamento.

Lo sbocco occupazionale
È rimasto pressoché invariato negli anni, tolte le funzioni di insegnamento - molto aumentate ma oggi bloccate nel numero di assunzioni - e poche, non chiaramente precisate nuove carriere nel mondo dei media e della ricerca.
Il concertismo vero e proprio ha trovato qualche risposta nelle nuove attività culturali dei Comuni e delle Province ma ha subito molte limitazioni presso il contesto storico dell’associazionismo culturale. Assolutamente insufficiente in ogni caso e mal equilibrato rispetto al numero e alla qualità dei diplomati.
Il mondo musicale strutturato dalla Legge 800 poco o nulla ha fatto per sostenere queste attese, salvo pochi esempi di organismi specializzati nella scoperta di nuovi talenti (l’Orchestra Giovanile di Fiesole, la Gioventù musicale, l’Agimus, l’Aram) o di particolare cura allo snodo di avvio alla carriera (tra questi certamente in prima linea la Scuola di Musica di Fiesole, o l’Accademia di Imola, la Stauffer di Cremona e pochi altri). Alcuni festival italiani e associazioni hanno dedicato parte dei loro programmi a ospitare nuove formazioni o solisti, ma in modo assai timido.
Esistono, a onor del vero, anche piccole splendide iniziative, ma non si è ingenerata una vera e cosciente politica nazionale di investimento sulle giovani generazioni di artisti, che si può attuare unicamente in presenza di un disegno complessivo governativo che sappia gestire le sinergie occorrenti.
Molto ci attendevamo dai vari disegni di legge promessi e in parte stesi, ma non si sono risolti parecchi nodi.
In sintesi vi è poca possibilità, per il musicista, di incidere su nuovi sbocchi occupazionali o comunque di utilizzo della propria professione se non avvengono reali prese d’atto politiche da parte di Stato, Regioni, Enti locali, Istituti didattici, enti di attività dello spettacolo, enti di attività di rilevanza sociale.
La frammentarietà e la casualità delle attuali prospettive impongono al musicista una frustrante e ingiusta mortificazione del proprio ruolo e non consentono al cittadino di venir orientato alla fruizione di musica quale bene di grande rilevanza e di capacità creativa.

Musica come bene insostituibile
La musica, in Italia, storicamente non è stata considerata una forte espressione dell’intelletto, diversamente da ciò che ci si potrebbe aspettare. Inutile dilungarsi sui motivi di tale realtà poiché dovremmo addentrarci nelle varie filosofie e scuole di pensiero che hanno condotto l’Italia lontano dall’atteggiamento culturale di molta parte dell’Europa.
Oggi però è fortemente diffusa l’esigenza di dare nuovi punti di riferimento al mondo artistico che si riflettano sull’investimento nel futuro, e soprattutto, in un diverso rapporto dello stesso con la società.
E quindi poniamoci la domanda: i giovani musicisti, gli artisti lontani dalle logiche commerciali, provenienti da anni e anni di studio impegnativo, o anche gli insegnanti e coloro che dirigono istituti di musica e organizzazioni culturali, servono alla nostra civiltà?
Questo è il primo nodo da sciogliere.
Essi non possono esser continuamente penalizzati da una mentalità che li considera in parte dei pesi morti della società, espressioni desuete di un superfluo per pochi eletti o roditori dei fondi pubblici. Ciò non tiene in nessun conto né il progredire di un paese civile, né la storia del nostro paese, né la sua civiltà e quindi il suo futuro che ha bisogno come il pane di artisti, scienziati e uomini di pensiero.
Occorre oggi un grande sforzo di coesione, la generosità di voler fermamente contribuire a fondare un pensiero comune che travalichi le consuetudini delle istituzioni e i particolarismi.
Ciascuna componente del mondo musicale interessato a modificare la situazione italiana deve poter disporre di
> volontà
> strumenti
> mezzi
per comporre un mosaico che corrisponda alle esigenze del nostro tempo.

Nuove strategie culturali
Dobbiamo contribuire a delineare le Nuove Strategie Culturali della musica in Europa con riferimento all’inserimento dei musicisti nel contesto produttivo della nostra società. E con essi ovviamente uno sforzo di co-partecipazione dei Conservatori, ma anche delle Scuole e delle Università dedicate alle specializzazioni, e infine, ma non da ultimo, di tutto il Mondo Produttivo e Distributivo dello spettacolo: i teatri, le orchestre, le associazioni, i festival, le iniziative degli enti locali e degli enti di promozione musicale, i mass-media, la stampa, la discografia e le produzioni multimediali.
Tale sforzo dovrà vedere al proprio fianco, quali partner di un progetto innovativo inteso a migliorare la qualità della vita tramite la creatività e la fantasia, anche i mass media, la stampa, e specialmente la stampa locale in un rinnovato rapporto con l’informazione.
Non dimentichiamo che, come ci insegnano altri aspetti musicali ben più inseriti nelle logiche pubblicitarie, è necessario oggi essere ben visibili e presenti nei canali di informazione.
Altro aspetto fondamentale è quello di utilizzare il musicista per educare, in varie sedi, un nuovo pubblico che raramente ha avuto la fortuna di essere coinvolto nella conoscenza musicale.
Uno dei principali problemi è legato ad una generale ignoranza rispetto alla pratica attiva della musica. È ormai assodato che per creare professionisti di livello ma anche solo per avere un pubblico in grado di operare scelte non dettate dalla moda o dal costume bensì dal proprio orientamento critico, è indispensabile avviare in età precoce il gusto alla musica sviluppando la naturale creatività infantile.
Si chiama quindi in causa la scuola materna ed elementare, ma i Comuni sono invitati a destinare alla musica l’attenzione che destinano allo sport,ad esempio.
Perché non le Palestre della musica? Luoghi di pratica attiva, di ludoteca della musica, non scuole professionali a imitazione di conservatori. Quanti musicisti troverebbero uno spazio creativo e didattico all’interno di simili strutture? Quale sarebbe il riscontro sulla vita cittadina? Perché non incentivare i cori di ragazzi, ma anche di adulti, la pratica vocale, l’uso di strumentali curiosi e delle nuove tecnologie. E se non ci si crede perché non andare a verificare i risultati di paesi che hanno delegato alla musica un difficile compito di recupero sociale, quali ad esempio il Venezuela, che ha dato frutti incredibili?