Istituzioni versus Musica
di Michelangelo Lupone
Decennale CEMAT
Istituzioni versus Musica
di Michelangelo Lupone
È difficile oggi distinguere il limite entro cui le forme, gli strumenti, le prassi compositive ed esecutive sono applicati ad un genere musicale (dal leggero al colto, dal popolare al jazz): la pressione posta dal "mercato culturale" e dai media sul gusto comune ha raggiunto lo scopo di omogeneizzare i prodotti, filtrare l'impervio concettuale, generare "tendenze" estetiche attraverso l'uso di modelli semplificati e ricorsivi. Si tenta di assoggettare la produzione di cultura e di arte alla legge della domanda e dell'offerta, creando un meccanismo perverso secondo cui l'offerta arriva a condizionare la domanda. Il bisogno commerciale di indurre verso una domanda corrispondente all'offerta, comporta sempre più frequentemente che il successo di un fenomeno culturale sia più legato all'efficacia della comunicazione che alla qualità dei contenuti: non di rado si genera confusione tra evento e cultura, equivoco tra arte ed intrattenimento.
L'offerta di spettacoli sorprendenti, di eventi irripetibili e di tutto ciò che può apparire unico o eccezionale, soddisfa dei bisogni apparenti: i bisogni reali difficilmente sono espressi apertamente dall'opinione pubblica; la domanda di cultura è spesso latente, inconscia ed inespressa, ma mai assente, cresce e diviene articolata coerentemente alla crescita del livello di qualità della vita. Non si tratta di uno stato di necessità legato alle funzioni vitali fondamentali, come avviene nella Sanità per il diritto alla salute, ma è un'esigenza di natura psicologica e intellettuale che è alla base dei rapporti umani e che si manifesta socialmente con i segni dell'identità culturale e civile.
In Italia, negli ultimi anni, la classe politica ha scelto di consegnare alla logica di mercato i criteri dell'offerta culturale, minando di conseguenza le iniziative più avanzate e non indirizzate all'utile economico. Di fatto ha tolto il sostegno a chi già non è supportato dall'impianto promozionale e pubblicitario che ne rende visibile l'attività. Emerge una politica attenta al fenomeno di massa o alla riaffermazione del patrimonio consolidato, piuttosto che alla ricerca e alla proposta artistica innovativa. Tutto questo sta costringendo le forze vitali della cultura in ambiti sempre più angusti e incerti. Mi riferisco agli artisti, agli intellettuali, alle associazioni e ai centri di ricerca che operano in Italia per la musica colta contemporanea, che hanno avuto fino a qualche anno fa il ruolo decisivo di promuovere, produrre e diffondere criteri e opere d'arte non inserite nell'ambito commerciale. L'azione stimolatrice, critica e di approfondimento, dovuta a queste forze si è avvalsa di competenze specifiche ed elevate e in molti casi di una competenza multidisciplinare che ha risposto con coerenza alla complessità del sistema sociale e culturale odierno. Basta ricordare l'intensa attività svolta negli anni ottanta e novanta, che ha permesso di realizzare opere, tecnologie, strumenti d'invenzione, spettacoli sperimentali sui modi di fruizione e tanta attività didattica e formativa. Nonostante il portato dei valori culturali e civili contenuti in queste iniziative e l'azione predittiva sui mutamenti estetici e sociali, molti degli artefici non hanno oggi possibilità di sopravvivenza!
In Italia, diversamente dalla Francia, la ricerca e la produzione musicale innovativa non sono supportate né finanziate, non perché manchi il testo legislativo ma perché i funzionari delle istituzioni preposte (statali e locali) da un lato non hanno la competenza per distinguere, dall'altro gestiscono i fondi pubblici con criteri clientelari, o di mero consenso dei poteri forti, economici e informativi.
La deriva del sistema è evidente a tutti e si avverte sul piano culturale quanto sul piano morale. Il propagarsi nei media di programmi e spettacoli volutamente banali, la censura operata negli stessi sulla musica colta contemporanea e sui contenuti artistici innovativi, la strategia degli organi d'informazione influenzata o dettata da lobby politiche ed economiche, forniscono il quadro di un sistema allineato solo ai criteri di un mercato spregiudicato e massificante.
Risulta impossibile immaginare, allo stato attuale, come possa attuarsi un efficace intervento di riequilibrio: le responsabilità sono trasversali, cioè politiche, burocratiche e parzialmente di strategie applicative. Queste ultime dipendono dalla ricerca affannosa di consenso effettuata da direttori artistici e musicisti, che per mantenere attento un pubblico distratto e stanco dell'ascolto impegnato, cercano ogni tipo di compromesso con forme popolari e leggere. Di fatto la divergenza tra musica contemporanea colta e d'intrattenimento è incolmabile non solo per le modalità di articolazione della forma musicale e per la diversa partecipazione richiesta all'ascoltatore, ma anche per dati strettamente quantitativi: il pubblico che segue la prima è talmente esiguo che non è comparabile con l'altro, la movimentazione economica e l'interesse dei mezzi di informazione hanno pesi conseguenti al pubblico interessato, così come il numero di concerti e la copertura del territorio. È ovvio quindi, che la non emergenza della musica contemporanea colta, permette ai più di non seguirne le sorti, tanto meno apprezzarne i valori, né di avvertirne la mancanza nel panorama saturo di offerte d'intrattenimento che miscelano termini quali innovativo, tecnologico, multimediale, interattivo, ecc. Questi termini, che sono stati e sono ancora parte essenziale del lessico della musica colta, nel momento in cui vengono applicati in senso esteso, generano una lecita sovrapposizione di senso, ma permettono allo stesso tempo di confondere gli scopi. La distinzione, ultimo appannaggio riconducibile al genere, è sempre più difficile trovarla, anche per qualche esperto, poiché l'appiattimento e l'integrazione imposti dai mezzi di comunicazione poggiano e si sostengono su fenomeni di moda come la "contaminazione" dei generi, dei linguaggi, delle culture, implicando margini di ambiguità elevati. Su quest'ultimo aspetto, fortemente speculato da spregiudicati operatori culturali, viene regolata la nuova soglia discriminante con la quale la musica colta, ma anche le altre arti, sta impostando la ricerca di un'identità rinnovata.
Un segnale positivo ben definito ci giunge da alcuni paesi del nord Europa e si esplica con l'attivazione di specifici supporti istituzionali ai centri in cui cooperano artisti, musicisti, ricercatori di diverse discipline anche sociali e operatori culturali. Gli aspetti conflittuali presenti in Italia e che contrappongono oggi le istituzioni alla cultura, hanno l'urgenza di essere risolti, attuando analoghi criteri. Spetta allo Stato il disegno di una strategia che, partendo dall'impegno nella cultura, possa derivare quei valori di civiltà che la ricerca artistica sottende.