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politiche - conferenza stampa roma 2011 - messaggi e adesioni

Messaggi e adesioni

La nostra società sta attraversando un momento di smarrimento totale. Faccio un appello forte per ritrovare nella cultura, nelle arti, nella musica, nella memoria di un grande Paese la nostra identità. Respingiamo per questo i tagli alla cultura, a beneficio di tutti. Grazie per questa Conferenza.
Ennio  Morricone

Esprimiamo con grande convinzione la nostra adesione ai significati e alle intenzioni che saranno espresse nella conferenza stampa di domani 19 gennaio su "Cultura, Spettacolo, Informazione, Scuola, Universita, Ricerca".
Consideriamo Musica, Arte, Teatro, Letteratura, come respiri dell'anima senza i quali l`umanità non è tale.
Auguriamo il massimo sucesso all'iniziativa.
Mimma Guastoni (Rai Trade) - Salvatore Sciarrino
 

“Creatività nei giovani ma non soltanto, trasmissione della memoria,
debbono godere di un libero e democratico sviluppo.
condividendo l'esigenza di farsi presto sentire: all'arte, alla musica, allo spettacolo e a tutte le sue forme originali non è ammissibile alcun bavaglio,
lo dimostravamo anni e anni or sono,
si vede quanto fummo sempre inascoltati ma torniamo ad affermarlo con forza,
da musicisti e non solo, sapendosi presenti alla conferenza stampa del prossimo 19,
in tutto il suo valore.”
Sylvano Bussotti

L'Italia è un paese che sta perdendo la stima di sé stesso; i tagli alla cultura ne sono la prima dimostrazione. Non dare più espressione a ciò che l'ha distinta nei secoli, rendendola unica, come l'arte, la musica, il teatro, significa rinnegare la propria storia, la poesia e la bellezza a vantaggio di una realtà distorta che allontana sempre più le persone dai  bisogni profondi, dal nutrimento che la cultura dona, quando la si coltiva e la si rispetta. Ma oggi stiamo tornando indietro, siamo sommersi dall'ignoranza, dagli sprechi, dall'ipocrisia. Come se la ricchezza interiore fosse meno importante di quella materiale, come se i giovani non esprimessero il bisogno di rinnovarsi e scoprirsi attraverso una musica che cambia o un teatro che racconta ciò che viviamo, e siamo. Ciò che ci ha reso un paese d'eccezione, questa cultura che trapela negli infiniti luoghi storici, nel melodramma italiano, nei musei, sta diventando come una pianta trascurata, che rischia di non dare più frutti né fiori, che rischia di appassire nell'appiattimento generale e nella mancanza di stimoli. Forse dipende anche da noi il fatto di ricominciare a credere che sia ancora possibile agire, in prima persona, innaffiando quotidianamente questo valore inestimabile che ci fa stare bene e ci riporta a ciò che siamo stati, e siamo, veramente.
Cecilia Chailly


Considerazioni sui “tagli” alla cultura musicale
Di fronte alle manifestazioni di protesta per i tagli previsti dalla Finanziaria 2011, il capo dello Stato sostiene che le emergenze vanno viste “nel quadro più generale dei problemi della cultura, del suo ruolo e delle sue esigenze". All’interno di questa visione complessiva, egli ha citato i musei, i siti archeologici, i centri urbani, i luoghi paesaggistici e la musica ovvero "un patrimonio straordinario che abbiamo ereditato e che abbiamo il dovere di preservare e valorizzare".
La persona che riesce a cogliere, grazie alla preparazione fornita dalla scuola, il messaggio racchiuso in qualsiasi forma di espressione artistica è aperta al confronto con la realtà culturale e artistica. Di qui la considerazione che i tagli alla cultura sono frutto di determinate scelte politiche, scelte che si evidenziano in quelle messe in atto oggi nella Scuola pubblica, compreso Università e Conservatori di musica.
A chi sostiene che “la cultura non riempie la pancia…” ribatto che al contrario la cultura concretamente contribuisce a riempirla usando il cervello, il talento e la maestria.
Io penso che la valorizzazione del nostro patrimonio culturale consista nel farne conoscere le potenzialità sia sul piano del valore artistico sia, di riflesso, su quello economico esteso all’indotto e al turismo. Paesi come la Germania, che in questa direzione investono più di noi, ne sono ampiamente ripagati. In questi ultimi decenni, il danno causato dai governanti italiani alle nuove generazioni è incalcolabile.
Da noi la cultura è considerata fardello ingombrante e inutile. Se le nuove generazioni finiranno per crederci, assisteremo a “crolli di tipo pompeiano” anche nel campo della cultura musicale mentre la “società dell’apparenza” trionferà. Impediamo questo scempio e appelliamoci al senso di responsabilità collettivo al fine di recuperare linfa vitale alle forme d’arte e alla musica, campi nei quali l’ Italia ha conseguito un indiscusso primato di civiltà nel mondo.
Azio Corghi


i suoni sono i colori della vita.
Non vogliamo vivere una vita tutta grigia,vogliamo invece una vita piena di colori che ci diano forza, entusiasmo, riposo, conforto e che dicano meglio di quanto potremmo fare noi quanto amore c'è nei nostri cuori.
Se ci impediranno di suonare, alle nostre città rimarranno soltanto quei rumori che ci opprimono quotidianamente.
Facciamo suonare le nostre città!
Michele Campanella


Le difficoltà sono tante e non soltanto quelle di un decreto o di un taglio sui finanziamenti alla musica. Il taglio che mi preoccupa di più paradossalmente non è quello economico ma è la decapitazione del pensiero e la sparizione totale di qualsiasi dimensione etica e morale. Devo dire che questo sarà il vero e duro lavoro dei prossimi anni: cercare di riappropriarsi di un’anima che i musicisti italiani sembrano aver smarrito.
Purtroppo anche i grandi musicisti che venti o trenta anni fa sono stati sulla barricata a difendere le idee, oggi sono appiattiti e omologati alla mercificazione della musica.
Apprezzo l’iniziativa ma il 19 sarò in viaggio in treno da Hannover a Vienna.
Giorgio Battistelli


La situazione dei finanziamenti certo in Europa è difficile anche se in Germania hanno tagliato meno che nel nostro Paese, in Austria le cose vanno bene mentre "in Italia - ha concluso Mehta - è una vergogna".
Zubin Mehta


La Guerra del Fus
di Emanuele Arciuli
Ho assistito, giorni fa, ad un divertente momento di televisione (era SkyTg24, per la cronaca). C’erano Dario Fo e una compìta conduttrice che cercava di contenerne le invettive nei confronti di Tremonti. «La Cultura non si mangia», pronunciata dal ministro per giustificare i tagli imposti al Fus, è una frase che resterà, e a ragione, nelle cronache della nostra Italia, ridotta a miserrima caricatura di se stessa. L’invito di Fo, poi ritirato ma comunque estremo, a «schiaffeggiare il ministro, e con cura» è una reazione che, sia pur solo nelle intenzioni, è stata condivisa da molti. Il problema, a questo punto, sembra pressoché irrisolvibile: da troppi anni la cultura viene maltrattata, derisa nei fatti, censurata e screditata, al punto che oggi eleggerla a bersaglio preferito delle strategie di risparmio sulla spesa pubblica è piuttosto facile e si può procedere alla sua distruzione nella generale indifferenza. Del Fus parlano, con toni che condivido in pieno, anche altri interventi su questo giornale on line, ma non saranno mai troppi, per cui volentieri vi aggiungo il mio. Vorrei solo precisare che il problema ha origini lontane. Ricordo ancora la esternazione di una ministra della cultura, rigorosamente di sinistra, che si premurava di dichiarare l’equivalenza di Beethoven e Jovanotti, in quanto entrambi espressioni della cultura. Concetto che, pronunciato da Berio o Frank Zappa, avrebbe avuto forse un senso diverso e provocatorio, partendo necessariamente da ben altre consapevolezze estetiche e – appunto – culturali. Ma che, sulla bocca della Melandri, aveva già il torvo sapore di un funesto presagio. La musica colta non può reggere senza il finanziamento pubblico, nè il suo destino può dipendere dal gradimento del pubblico, specie quando questo sia stato – per anni – educato al peggio, e la musica classica sia nel frattempo sparita dai palinsesti delle televisioni e dei giornali. La storiella che non ci sono soldi non ce la raccontano. I soldi sono pochissimi, è vero, ma il modo in cui vengono distribuiti e ripartiti non è nè l’unico nè il migliore possibile. Sono convinto – e sono in ottima compagnia – che si potrebbe triplicare il Fus senza portare il paese alla bancarotta.
Soprattutto perchè, a meno di non governarlo con la lungimiranza di un miope amministratore di condominio, è evidente a chiunque che la cultura sia una delle risorse e dei marchi di fabbrica italiani. Una delle poche cose che ancora salvano l’immagine internazionale della nostra penisola, altrimenti ridotta ad essere la patria della mafia, del malaffare, della pizza e degli scandali sessuali. Se non ci riprenderemo il nostro spazio, con le unghie e con i denti, e non lo faremo con decisione e in fretta (magari per una volta cercando di essere uniti), temo che – alla prossima finanziaria – alla voce Musica seguirà il soave appello del ministro Bondi: “Assente”. Magari detto in forma di Haiku. Dunque, per poco che la cosa possa servire, propongo senza esitazione una lettera aperta scritta dai musicisti e dalle voci più forti e autorevoli di questa nazione. È tempo che ciascuno esca dal proprio Hortus Conclusus, è tempo di spendersi con generosità. Siamo in guerra. (dal Giornale dello Spettacolo, 10 gennaio 2011

 

Non potendo essere presente alla conferenza stampa,  desidero comunque farvi giungere la mia adesione totale e preoccupata all'iniziativa. Da anni assistiamo all'erosione dei contributi destinati all'arte ed alla cultura, in un paese che ha forse come unica 'materia prima'  il proprio patrimonio culturale.
Una politica miope (frutto inevitabile della mancata educazione musicale di intere generazioni di governanti) intende adesso decapitare con un taglio orizzontale la vita musicale italiana, nonostante molti passi siano stati compiuti nella consapevolezza del ruolo essenziale che la musica svolge nella vita sociale delle comunità dei paesi civili, nell'ambito dell'educazione delle
giovani generazioni e perfino nella cura e nell'assistenza alle persone sofferenti o disagiate.
Certo la crisi economica impone a tutti sacrifici e rinunce, ma non c'è il rischio di desertificare la vita culturale delle nostre città, azzerando il contributo di tante persone appassionate ed entusiaste, che hanno reso vive le associazioni e le istituzioni musicali italiane?  Siamo certi di voler barattare la consuetudine di un appuntamento con la sala da concerto con lo Straordinario Evento una tantum che ci verrà offerto se sapremo stimolare l'appetito dell'indispensabile sponsor privato?
Temo che alla fine di questa tenace opera distruttiva, sarà difficile ricostruire il tessuto connettivo della vita musicale del nostro Paese per molti anni a venire.
Andrea Lucchesini


La Musica prossima ventura
Contributo alla manifestazione di protesta del Comitato per la libertà, il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo.
Nicola Sani
Ogni Paese del mondo ha un suono. E’ il suono della propria lingua e del modo in cui la sua gente la parla, è il suono delle sue città, del vento che le attraversa, dei suoi paesaggi naturali. Ogni Paese ha una sua espressione sonora, che chiamiamo “musica”. Ogni Paese contribuisce allo sviluppo della cultura del nostro pianeta, con la propria “musica”, sostenendone la divulgazione e il progresso. Nella storia del mondo, alcuni Paesi hanno avuto un’importanza determinante proprio grazie alla loro musica. Tra questi l’Italia, che, dal medioevo ad oggi, ha visto il continuo avvicendarsi di grandi figure di compositori, interpreti, direttori, studiosi, ricercatori, divulgatori. Questo felice percorso oggi rischia di arrestarsi. L’incapacità da parte del governo di comprendere l’importanza del patrimonio rappresentato dalla cultura musicale del nostro Paese, rischia di azzerare uno dei più grandi patrimoni che la nostra storia e la nostra cultura ci hanno tramandato. Non è soltanto una questione di risorse finanziarie che non vengono assegnate alle istituzioni musicali e quindi alla vita musicale del Paese, ma più in generale la pressoché totale assenza di un progetto sulle attività musicali in Italia. Teatri, orchestre, stagioni, festival, attività formative, pedagogiche, educative, sopravvivono nella più assoluta incertezza e precarietà. Non c’è alcuna politica sulla ricerca, la sperimentazione musicale è azzerata, non esistono centri di produzione collegati alle tecnologie avanzate, le istituzioni musicali non commissionano nuove opere ai compositori italiani. Non vi è alcuna incentivazione per i privati ad investire in ambito culturale e ancor meno nel campo della musica colta. In questo modo si impedisce di fatto che la coscienza storica del patrimonio musicale venga trasmessa alle nuove generazioni, che da questa memoria possa nascere una nuova creatività, che tale creatività possa inserirsi a pieno diritto nel contesto delle espressioni contemporanee come avviene nei Paesi più avanzati, al cui novero ci vantiamo di appartenere. E che da questa creatività possa nascere un fertile dibattito culturale che si sviluppa nel segno del più alto concetto di libertà e democrazia.
Non è soltanto una questione legata al taglio dei finanziamenti, ma alla messa in atto di un disegno di progressiva riduzione del nostro Paese al livello di mero utilizzatore di prodotti di consumo. Non è quindi solo contro i tagli dei finanziamenti alla cultura che occorre protestare, ma occorre ancora più vigorosamente opporsi ad una volontà di cancellazione di una delle più grandi risorse di un Paese che, proprio grazie alla musica, ha fatto conoscere in tutto il mondo quella straordinaria esperienza e quegli indissolubili valori culturali che appartengono alla storia di centocinquant’anni della sua unità.


Cara Gisella,
desidero ringraziare te e coloro che hanno dato vita a questa conferenza
perchè ogni istanza, ogni segnalazione sulla vita sociale e culturale dei musicisti e degli artisti, può essere una preziosa testimonianza per chi, al Governo, intende ascoltarci.
Tutte le norme che in Italia regolano il rapporto tra le Istituzioni e le attività artistiche recitano una palese volontà di sostegno,
d'incoraggiamento alla produzione e alla diffuzione della cultura. Con questo il Legislatore dimostra che, almeno teoricamente, è consapevole del valore strutturale di una economia della cultura.
Quale logica allora muove una Finanziaria che annienta tali punti di forza,che fa regredire la progettualità e rende caotico e assoggettato al mercato, quello bieco e saturo dei media, anche le proposte più avanzate della cultura contemporanea?
Se il disagio economico generale costringe i più ad accogliere e giustificare come utile solo ciò che concretamente soddisfa i bisogni primari, e se chi ci governa è sensibile solo a questa istanza, dobbiamo "spiegare" e "dimostrare" come l'equilibrio sociale, i rapporti tra gli individui e i valori condivisi,l'identità di un popolo e la sua civiltà si nutrono di musica e di arte!
Michelangelo Lupone


È importantissimo coinvolgere i "grandi" artisti in momenti come questo, in cui bisogna difendere la stessa base di sopravvivenza della cultura musicale in Italia; sarebbe altrettanto importante poi assicurare una base operativa agli artisti in genere, come finanziamenti, strutture, istituzioni per la ricerca e per la formazione.
Ma non devo certo dirlo a te, che sei sempre stata in prima linea su questo fronte - e di questo ti siamo tutti grati, penso.
Che succederà? Sono veramente preoccupato, anche perché non vedo (a "destra" come a "sinistra") personaggi della politica davvero interessati a portare avanti una battaglia per una cultura veramente "nuova", in grado di essere un vero investimento per il futuro. D'altra parte è giustissimo aver individuato alcune "parole chiavi": forse è una metodologia che potrà ottenere qualche risultato concreto, almeno "ce" lo auguro. Se non dovessimo vederci, sappi che sono a disposizione per portare avanti qualunque iniziativa che voglia sostenere quelle che tu hai definito le parole chiavi, e ho comunque inoltrato il tuo messaggio ad amici politici e musicisti.
Alessandro Sbordoni
 

Cara Gisella,
non potrò partecipare di persona il giorno 19, perché in viaggio all'estero; ma desidero inviarti il mio completo appoggio all'iniziativa. In un Paese che, come adeguatamente riconosciuto nella nostra Costituzione, proprio sulla cultura basa la propria identità e in gran parte la propria economia l'attuale situazione mette in discussione le basi stesse del nostro essere Nazione civile.
Andrea Molino
 

Circola da qualche tempo, nei palazzi del governo, l’idea che lo spettacolo d’opera debba obbligatoriamente restituire al produttore lo stesso ammontare di denaro investito per produrlo, magari gentilmente provvisto di una quota di plusvalore: bisogna ricordare che si tratta di una pretesa astratta, ideologica e antistorica. Il miracolo del pareggio di bilancio, nell’universo dell’opera, non è mai accaduto: nemmeno nella Venezia seicentesca dell’opera impresariale, nemmeno nella Napoli settecentesca del Teatro dei Fiorentini, nemmeno nell’Italia di metà Ottocento, quando fiorivano 350 teatri e l’opera era popolare come il cinema cent’anni dopo. E nemmeno, nel 2011, alla Lyric Opera of Chicago, tempio del libero mercato… Non è mai accaduto e mai ovviamente, accadrà. Bisogna riconoscere una volta per tutte che l’opera, per sua stessa natura, non possiede alcun valore di scambio in termini di mercato, ma solo ed esclusivamente un altissimo, irrinunciabile valore d’uso.
Se quindi Norma, Il barbiere di Siviglia e Lucia di Lammermoor non sono capaci, e non per colpa loro, di pagarsi le spese sono condannate per forza a scomparire? Dobbiamo rassegnarci a perderne la memoria storica viva? Evidentemente no, sarebbe come dire che siccome il costo del biglietto di ingresso agli Uffizi non basta a tenere in piedi gli Uffizi gli Uffizi devono chiudere. Ovvio che uno stato, una nazione, una comunità, una collettività abbiano l’obbligo sociale di decidere che cosa deve essere sostenuto, valorizzato pagato col denaro di tutti e che cosa invece no: i reparti di oncologia sì e i drone senza pilota no, gli asili nido sì e il ponte sullo Stretto no, i teatri d’opera sì e le centrali nucleari no. Oppure viceversa. È una questione cruciale che riguarda le scelte “strategiche” di qualsiasi koinè sodale.
Ma c’è un altro argomento contra quem che i liberisti, i moralizzatori e i populisti utilizzano di solito per invocare tagli, chiusure, licenziamenti. “Questo giocattolo costoso e sofisticato che si chiama opera – dicono i falciatori - se lo paghi chi ci vuole giocare. In fondo si tratta soltanto di un dispendioso passatempo per ricchi, un oggetto squisitamente d’élite: perché lo stato lo dovrebbe finanziare col denaro di tutti? Ignorano, i crociati del mercato, che quando va in scena uno spettacolo, d’opera o no, produce oltre ad un bene immateriale immediato anche un bene immateriale differito e cioè un insieme di saperi, di pratiche, di valori che va a costituire il tesoro prezioso della “tradizione”: una somma di denaro invisibile che viene accantonata per essere spesa nel futuro. E poi che cosa significa di élite? Lo “spettacolo dal vivo” per usare le categorie ministeriali, è sempre e soltanto di élite: anche un concerto di Dalla e De Gregori è di élite, anche Mamma mia al Teatro Sistina di Roma è di élite, persino Vasco Rossi a San Siro è di élite: cambiano solo i numeri, e a volte anche di poco. Lo spettacolo dal vivo diventa di massa solo quando non è più dal vivo, quando viene tecnologicamente riprodotto all’infinito, quando diventa cd, dvd, web, tv, radio. E allora, davvero, entra per la porta grande nel magico mondo del mercato.
Ma ciò che rende stupefacente e pericoloso l’accanimento ideologico contro lo status sociale dell’opera in musica è l’entità oggettiva dei capitali in gioco. Nel magro paniere dello 0,2% del Pil che l’Italia investe nella gestione del beni culturali alle fondazioni liriche toccano poco più di 400 milioni di euro l’anno: cifra in caduta libera, sia in termini reali che al netto dell’inflazione, da vent’anni a questa parte. Tagli che hanno matematicamente condannato al passivo, e non per cattiva gestione, la maggior parte delle fondazioni. Non tutti sanno, però, che la quota del Fondo Unico per lo Spettacolo che spetta ai singoli enti copre, già da oggi, appena il 50 per cento del bilancio complessivo: l’altra metà del cielo i teatri se la guadagnano da tempo con i propri mezzi: vendita di biglietti e abbonamenti (circa il 10 per cento), contributi degli enti locali (grosso modo un quinto), introiti propri e cioè sponsor, merchandising, editoria (più o meno il 25 per cento, e non è poco…). Sottrarre anche un solo euro a queste quote già raschiate all’osso significa semplicemente condannare i teatri, come sta puntualmente accadendo, non ad una vita virtuosa ma ad una malinconica e stentata sopravvivenza, il cui solo effetto è quello di ridurre ulteriormente il peso sociale, la capacità di incidenza dei teatri nella vita pubblica. Un solo esempio, a contrasto, anche se esageratamente “spettacolare”: l’Opéra Bastille, il maggiore, ma non certo l’unico, teatro di Francia, riceve dallo stato un contributo che supera da solo quello che tocca a tutte le quattordici fondazioni liriche italiane…  
Guido Barbieri


I teatri d’opera sono più trasparenti d’una qualsiasi gara comunale d’appalto: sarebbe onesto farlo sapere all’opinione pubblica. Basterebbe che in una conferenza ministro e capo di gabinetto una volta illustrate le loro ragioni -senza le boutade populistiche e politiche dei comunicati stampa - ammettessero in pubblico: primo, che i finanziamenti a loro disposizione sono pochi, che i veri “sprechi” e le sacche di “fannulloni” sono altrove dalla musica; secondo, che la vita musicale italiana ha reagito ai ridimensionamenti di bilancio con vitalità e pragmatismo da riconoscere e premiare.
E, ogni giorno, c’è il disagio di conteggiare una piccola sconfitta. Senza contare le sonore batoste - l’odiosa battuta sulla “cultura non fa mangiare” dell’attuale ministro delle Finanze è una delle uscite politiche più triviali, ma non è stata la sola negli ultimi mesi - che a periodi regolari smantellano le certezze sempre più sottili della cultura in Italia.
Batoste reali, smettiamola di sofisticare: i dati parlano chiaro. Per il quinquennio 2008-2013, i tagli programmati per il settore-cultura in senso ampio sono di oltre la metà (1750milioni di euro su circa 3000); come dire a musica, cinema, teatro patrimonio archeologico, istituti culturali, danza e fondazioni liriche di farsi bastare circa 900milioni (l’altra metà occorre agli stipendi). E, a proposito di batoste, va detto che a metà ottobre, i teatri senza futuro sono aumentati: al caso del Carlo Felice di Genova (che con una maggioranza sindacale risicata pare abbia accettato una soluzione gestionale di compromesso pur di sopravvivere), s’è aggiunto quello non meno scottante di Cagliari, dove con un gesto di coerente dignità lo storico e valido direttore artistico, di fronte alle proposte indecenti del presidente della Fondazione (cioè il sindaco) che aveva proposto una gestione artisticamente autonomista e autarchica, ha rassegnato le dimissioni.
In Germania, che comunque non se la passa bene con i conti dello Stato, il bilancio federale destinato alla cultura nel 2010 “è aumentato per la quinta volta consecutiva; proprio in questi momenti si deve lottare per tutelarla dandole maggiori risorse” ha detto il ministro tedesco, facendo un esempio: la città di Berlino che investe all’anno 350milioni di euro, cioè quasi l’intero ammontare del nostro Fus, riceve altrettanto dallo Stato.
Angelo Foletto
 

Aderisco con forza all'iniziativa di domani in difesa della nostra cultura musicale.
Roberto Fabbriciani
 

Cara Gisella,
grazie del messaggio e del vostro prezioso lavoro, diamo volentieri la nostra adesione come Associazione Edison Studio.
Alessandro Cipriani
Edison Studio
– Presidente


Cara Gisella,
aderisco, assieme a tutto lo staff CRM alla protesta.
Non so se riesco ad esserci mercoledi’, devo partecipare ad un convegno gia’ da tempo fissato…
Ci teniamo in contatto comunque
Grazie per quanto stai facendo per tutti noi
Laura Bianchini
CRM
 

Dichiaro la mia totale adesione all'iniziativa.
Giorgio Nottoli
Conservatorio di Musica S. Cecilia - Scuola di Musica Elettronica


Aderisco all'iniziativa del 19 gennaio 2011 avviata dal Comitato per la libertà, il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo per la difesa della Costituzione in merito a cultura, spettacolo, informazione, scuola, università e ricerca.
Pietro Polotti
Scuola di Musica e Nuove Tecnologie - Conservatorio di Musica "G. Tartini" di Trieste


la SIMC (Società Italiana di Musica Contemporanea) aderisce in maniera convinta e partecipe al significato della Conferenza stampa da voi oggi convocata e manifesta assieme a tutti gli intervenuti il profondo disagio a seguito della dissennata riduzione degli stanziamenti per la cultura, l'istruzione, la ricerca e lo spettacolo.
Riteniamo che la cultura in tutte le sue molteplici manifestazioni sia essenziale per la costituzione e la saldezza di una società civile propriamente detta, e auspichiamo dunque una rinnovata attenzione e un degno riconoscimento della sua importanza da parte della classe politica e delle Istituzioni.
Davide Anzaghi
Società Italiana di Musica Contemporanea (SIMC)


Come puoi immaginare, non sarò a Roma alla conferenza stampa del FNSI, ma sono solidale con tutti voi che vi battete in prima persona per vedere di cambiare un po' le cose che stanno precipitando.
Ci sarà una svolta che cambi la situazione italiana?          
Manuela Molteni


Aderisco personalmente, come musicista, compositore e lavoratore della cultura!
Chi taglia sulla cultura taglia il futuro di un paese e di un popolo!
Arduino Gottardo

Gisella e colleghi,
grazie mille per questo articolatissmo update... che mi consola un po' durante questo periodo nerissimo per la cultura italiana e tutti nostri lavori individuali. Qualunque cosa posso fare io in sostegno continuato del vostro progetto, sono a disposizione.
Alvin Curran


Mi spiace non essere stato con voi ieri a Montecitorio, partecipavo a Terni ad una manifestazione sulla Shoah.
Mi rendo disponibile per altre iniziative del genere.
Non mi arrendo a questo stato di abbandono della Cultura.
Grazie per quanto state facendo
Roberto Abbondanza
 

Mi unisco al coro di voci che si sono battute e si battono per la sopravvivenza della cultura in ogni sua forma affinchè ognuno possa usufruire e godere di beni inestimali quali Musica, Arte, Teatro, Letteratura. Essi sono nutrimento dello spirito ed una delle poche cose che, con i tempi in cui stiamo videndo, riescano a lenire di un pò le nostre angosce. Da troppi anni i tagli al FUS compromettono il lavoro di Artisti, Tecnici e Maestranze mettendo a rischio non soltanto il settore in sè ma anche la vita stessa di coloro che si prodigano per farlo ancora "respirare".
Maria Luisa Runti
Pubblicista - Regista, già Responsabile Politiche RTD, Università di Trieste


Associazione Musicale "Gabriele Fattorini" di Faenza
Aurelio Samorì


Cantori Professionisti d'Italia

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Le prime adesioni

per il cinema:

UGO GREGORETTI, CITTO MASELLI, ETTORE SCOLA. CARLO LIZZANI, PASQUALE SCIMECA, FRANCESCO MARTINOTTI, PIER PAOLO ANDRIANI, ROBERTO GIANNARELLI , EMIDIO GRECO, ALESSANDRO ROSSETTI, ANTONIO FALDUTO, MASSIMO SANI, NINO RUSSO, GIORGIO ARLORIO, CARMINE AMOROSO, MAURIZIO SCIARRA, GIORGIO GOSETTI (Courmayeur Noir in Festival), EMANUELA MARTINI (Torino Film Festival), ENNY MAZZELLA (Ischia Film Festival), GIOVANNI SPAGNOLETTI (Mostra Internazionale del Nuovo Cinema), CHIARA VALENTI OMERO  (Maremetraggio)


per la musica:

ENNIO MORRICONE, SYLVANO BUSSOTTI, SALVATORE SCIARRINO, MIMMA GUASTONI, AZIO CORGHI, GIORGIO BATTISTELLI, MICHELE CAMPANELLA, CECILIA CHAILLY, PIERO FARULLI, EMANUELE ARCIULI, ADRIANA VERCHIANI, GIANNI TROVALUSCI, GISELLA BELGERI, LUISA PRAYER, FRANCESCO ANTONIONI, FLAVIO SCOGNA, FABRIZIO DE ROSSI RE, NICOLA SANI, FAUSTO SEBASTIANI, ANDREA MOLINO, MICHELANGELO LUPONE, ALESSANDRO SBORDONI, ROBERTO FABBRICIANI, ALESSANDRO CIPRIANI, EDISON STUDIO, LAURA BIANCHINI, CRM-CENTRO RICERCHE MUSICALI, MANUELA MOLTENI, GIORGIO NOTTOLI, ANDREA LUCCHESINI, DANIELA GANGALE, DANIELA PETRACCHI, GIUDO BARBIERI, ANGELO FOLETTO, SANDRO CAPPELLETTO, LUCA CIAMMARUGHI, CORINA KOLBE, PIETRO POLOTTI, ARDUINO GOTTARDO, PIETRO BORGONOVO, FILIPPO JUVARRA, MAURIZIO COCCIOLITO, PIERO NIRO, CHIARA EMINENTE, FRANCESCA FORTUNA, TERESA AZZARO, SIMONE BENEVENTI, DEBORA MAFFEIS, NAZZARENA CATELLI, EMILIO ARNALDO PISCHEDDA, STEFANO CARDO, ANDREA OLIVA, MATTIA PETRILLI, DAVIDE JAEGER, VALERIO DE BONIS, GIANNI ANTONIONI, ITALO GOMEZ, MAURO CARDI, FABIO CIFARIELLO CIARDI, MARIA TERRANEO, DANIELA GANGALE, PIETRO POLOTTI, AURELIO SAMORI’, DAVIDE ANZAGHI, ALVIN CURRAN, MARINA COMPARATO, ROBERTO ABBONDANZA, MARIA LUISA RUNTI,

per la medicina:

Prof. FRANCO MANDELLI,

Per i ricercatori:

LUCIA PANZELLA, GABRIELE GENTILE, ALESSANDRO PEZZELLA, STEFANIA GONFALONI, ALDO PRATELLI, ALESSANDRO REALI, MARIA LUISA DI VONA, LORENZO PERILLI,

per la fiction:

DANIELE CESARANO, ANTONIO LAURO, MARCELLO OLIVIERI, STEFANO SOLI, ANDREA GARELLO, VIVIANA GIRANI, GIOVANNA KOCH, STEFANO CECCARELLI, JAN LUDWING, FRANCA DE ANGELIS, GIUSEPPE BADALUCCO, MICHELE ALBERICO,

per l’istruzione:

SIMONETTA SALACONE,

per la promozione culturale:

Archivio del Manifesto Sociale, AUDIOCOOP – Associazione delle etichette discografiche indipendenti, -  L'ALBATROS - Associazione Culturale, UPTER – Università Popolare di Roma,  AIAP LAZIO (associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva), Federazione CEMAT – Ente di Promozione Musicale, SIMC Società Italiana di Musica Contemporanea, Associazione Musicale "Gabriele Fattorini" di Faenza, AFIC - Associazione Festival Italiani di Cinema

per la poesia:  
 
ROBERTO ROVERSI, NANNI BALESTRINI, LUIGI DI RUSCIO, ANTONELLA ANEDDA, GIANNI D'ELIA, ALBERTO BELLOCCIO, FRANCO BUFFONI, FABIO ORECCHINI, VALERIO CUCCARONI, DAVIDE NOTA