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politiche - conferenza stampa roma 2011 - testo base aiam-cemat-cidim

Testo base Aiam-Cemat-Cidim

A proposito di Musica…

    L’art. 1 della legge n.800/67, tuttora vigente, recita “Lo Stato considera l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale. Per la tutela e lo sviluppo di tale attività lo Stato interviene con idonee provvidenze”. L’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”.
Riesce difficile individuare nell’azione del Governo la minima volontà di rispettare sia il dettato della Costituzione, che l’art.1 della legge n.800 e di riconoscere la nostra attività come un essenziale servizio pubblico, quale certamente è.

La logica di mercato prevale su tutto: la validità di ogni iniziativa viene giudicata, nel nostro Paese, in base all’auditel e le decisioni politiche vengono assunte con gli occhi fissi sui sondaggi. La critica musicale è scomparsa dalle pagine dei quotidiani in quanto la si ritiene colpevole di non far crescere i lettori. Sentiamo la necessità di valorizzare gli elementi innovativi e di contenuti che permettano una radicale trasformazione a favore di una serietà culturale che si è sin qui pericolosamente dispersa.
Scelte diverse sono state fatte in Germania dove il Governo, nonostante si trovi ad affrontare analogamente al nostro una fase economicamente difficile, ha incrementato e non diminuito i fondi per la cultura che ovunque è segno distintivo del buono stato di una nazione. E questo non riguarda solo l’offerta di musica ma comprende chi lavora nella cultura con tutte le professionalità che agiscono nei campi della danza, della letteratura e poesia, delle arti teatrali, del sapere e della conoscenza.
Come dichiarato dall’UNESCO e dall'Unione Europea ( Risoluzione del 7 giugno 2007) non si può sostenere l'arte se non tutelando gli artisti e i soggetti che concretamente fanno funzionare la macchina della musica e dello spettacolo tutto. Si richiede il riconoscimento professionale di tutti questi nostri  professionisti, un sistema che favorisca l'emersione dal lavoro nero e che permetta ai soggetti intermittenti di andare in ferie, di fare un figlio, di pagare un mutuo, di affrontare le malattie. Occorre far distinzione tra attività amatoriali e professionali, attraverso l'istituzione di un registro. Si chiede di stipulare un contratto di riferimento evitando uno sfruttamento che si subisce oggi in nome della crisi, e in altri periodi per la scarsa richiesta del mercato.

L’attuale crisi delle attività musicali ha diverse chiavi di lettura, ne indichiamo due, la gravissima mancanza di finanziamenti adeguati, e lo scarso impegno dei Governi che in questi anni non sono riusciti a dare disposizioni credibili con una nuova legge musica, più organica della legge n.800, che risale al 1967, legge che pur rivelatasi un ottimo strumento di promozione musicale, è superata. Ha avuto però il merito storico di avere creato una fitta rete di centinaia d’istituzioni musicali attraverso le quali lo Stato ha portato un segno di attenzione anche in innumerevoli piccoli centri. Questa rete doveva esser tutelata con la massima cura, ed è stata al contrario condannata all’estinzione. Le società di concerti, corsi, concorsi, festival ecc. che in questi ultimi anni hanno improvvidamente cessato di esistere ammontano a molte decine di unità. Questo comporta ovviamente una diminuzione del pubblico che è uno dei maggiori titoli che possono essere vantati dalle orchestre, dalle società dei concerti e dai festival.

Le conseguenze derivanti dalla decisione del Governo di decapitare l’organizzazione musicale saranno avvertite sul piano economico non solo in riferimento alle perdite di punti di riferimento ma anche nell’indotto (interpreti, compositori, musicologi, liutai, accordatori, tecnici, tipografi, settori alberghieri e dei trasporti, SIAE, ENPALS  ecc.) ma soprattutto farà venir meno quel servizio culturale lungamente apprezzato dai paesi stranieri. Ad esempio i festival, costituiscono uno dei motori più importanti del turismo e della curiosità culturale. Recenti ricerche dimostrano che l’impatto economico dei festival diventa sempre più rilevante. Un’analisi condotta nel Regno Unito ha dimostrato, in proposito, che 100 festival, grazie ai propri progetti culturali, hanno “prodotto” in un anno ricavi per 58 milioni di sterline.

La Carta Musicale d’Italia, prodotta dal Cemat, dimostra in modo chiaro come si fosse consolidata negli anni una capillarità di iniziative musicali che hanno prodotto nel loro insieme un importante servizio per i cittadini anche dei piccoli centri e di conseguenza esse costituiscono un vastissimo patrimonio culturale della collettività.
L’incertezza circa la divisione dei ruoli Stato/Regioni non contribuisce, poi, a trovare un equilibrio capace di seguire lo svolgimento di un lavoro particolare e complesso, come quello che l’organizzazione di manifestazioni musicali esige, che comporta, anche, la necessità di assumere impegni contrattuali con gli interpreti, a volte con anni di anticipo e al tempo stesso di recepire le novità dell’attualità del mondo dell’arte.

Non esiste, a nostro parere, altra ragione che possa giustificare il finanziamento pubblico delle istituzioni musicali se non quella di operare come servizio per “favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale”. Chi si sottrae a tale impegno non dovrebbe essere finanziato con fondi pubblici.
Consideriamo il numero delle grandi orchestre sinfoniche in Italia, nettamente inferiore a quelle attive in nazioni molto più piccole delle nostre come la Finlandia, La Svezia, La Danimarca, L’Olanda, la Norvegia, il Belgio ecc. In Finlandia, paese di 5.000.000 abitanti il pubblico che ha frequentato lo scorso anno le stagioni concertistiche è ammontato a 2.000.000 spettatori!
In questo quadro è ovvio che la prima richiesta che sottoponiamo al Governo è il ripristino del FUS a condizioni accettabili.
Vedremmo con estremo piacere che, in analogia al testo del decreto legge n.35 / 14 marzo 2005, le liberalità e le quote sociali siano deducibili dal reddito complessivo del soggetto erogatore entro limiti che possano produrre un reale sostegno alle attività.

Si invoca una precisa strategia di sviluppo delle attività della musica che tenga conto dell’obiettivo fondamentale per cui tutti gli interventi di risorse pubbliche in materia devono:“favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale” secondo quanto previsto dall’art.9 della Costituzione e dalla legge n.800. Va detto senza complimenti ed esitazioni che incrementare i fondi per la musica senza avere una strategia su come utilizzarli costituisce una cura peggiore del male.
La nostra seconda richiesta, che consideriamo non meno importante della prima, consiste nell’individuazione e attivazione di un sistema di assoluta trasparenza attraverso il quale i contributi dello Stato alle attività musicali siano erogati in base ad una analisi rigorosa dei programmi, della loro progettualità e finalità, e delle informazioni indicative dei risultati ottenuti. È indispensabile che le garanzie di chiarezza che chiediamo vengano ampliate in rapporto ai fondi extraFUS, i cui interventi sono stati caratterizzati negli anni da forte clientelismo politico e da una desolante mancanza di criteri e di approfondimenti di merito.
Per concludere, la Musica è un’arte in grado di favorire la formazione dell’individuo come cittadino. Il nostro Paese ha il merito di avere inventato tutto in materia musicale, i teatri d’opera, la scrittura, gli strumenti, l’evoluzione strumentale e vocale, la scenografia, l’innovazione, il linguaggio ecc. ma non certo quello di avere adeguato lo sviluppo della musica alle esigenze di una nuova società.

La musica è un formidabile strumento di coesione sociale. In questo siamo indietro a moltissime nazioni e ci riferiamo ad es. al Venezuela il cui impegno a favore della musica, intesa come disciplina artistica di forte contenuto sociale, è sostenuto dal Ministero degli Affari Sociali attraverso la creazione di centinaia di orchestre di bambini e giovanili. Come noto attraverso questo programma sono stati assistiti e sovente salvati dal degrado e dalla criminalità, in venti anni, oltre 1.500.000 giovani. Nel nostro paese esistono una miriade di buone pratiche in questa direzione, ma senza adeguati sostegni e senza nessuna visibilità.

Altro punto dolens, sul quale non si riesce ad incidere doverosamente, è il rapporto con i media, e dove vanno individuate regole e iniziative da concordare col mondo delle attività musicali, invece di lasciare a dilettanti di buona volontà la cura di un settore che è delicato e non può esser confuso con fantasmagorici programmi sempre più fuorvianti.
Il mondo della musica è pronto a favorire la formazione di un nuovo pubblico musicale e rendere possibile la nascita di orchestre e cori di bambini e giovanili, che senza avere l’aspirazione di divenire complessi professionali finalizzino la loro azione alla formazione di musicisti dilettanti e di cittadini coscienti che il futuro dell’umanità è condizionato dalla  disponibilità di tutti a vivere in armonia e d’accordo con gli altri, e il Governo deve prendere decisioni adeguate e serie. Come è noto “armonia” e “accordo” sono, non a caso, termini musicali. E sarebbe finalmente necessario capire che sono termini e pratiche che vanno immesse in tutte le scuole.

In definitiva, la musica è da intendersi come bene sociale e deve esser messa a sistema, non banalizzandola come entertainment ma facendola vivere come espressione artistica a disposizione di tutti, quindi garantendo a tutti coloro che vi lavorano condizioni di sopravvivenza e di rispetto, elementi oggi difficili da riscontrare.

Documento estratto da relazioni Aiam, Cemat, Cidim - testo 17.1.2011