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Musicarticolo9 - Piazza Navona 2010

01 July 2010

Intervento di Musicarticolo9 letto da Daniela Petracchi

Faccio parte di un’associazione che si chiama Musicarticolo9, sono qui a rappresentarla.
Il nostro Presidente è Salvatore Accardo, e tra i nostri soci ci sono Enrico Dindo, Aldo Ceccato, Pietro De Maria, Andrea Lucchesini, Roberto Prosseda, Gianandrea Noseda, Franco Petracchi, Massimo Quarta... Qualcuno di voi li conosce? Li conosce tutti o li ha solo sentiti nominare? E siamo già al primo problema. Questi nomi sono l’eccellenza della Musica colta italiana, conosciutissima, tra parentesi, anche all’estero dove suonano, insegnano. Oltre a loro sono con noi anche decine di altri musicisti di valore i cui nomi sarebbe troppo lungo elencare: hanno aderito entusiasti a quello considerano un impegno in più per la propria arte.
Abbiamo raccolto quasi 17.000 firme di adesione ad un appello che chiede una riforma del nostro ente previdenziale, l’ENPALS. Alcune nostre proposte sono inserite nel disegno di legge che riguarderà i lavoratori dello Spettacolo. E, come per altre istituzioni ed iniziative, è destinata a rimanere lettera morta per mancanza di copertura finanziaria.
Un richiamo d’obbligo: La Costituzione italiana, nello spirito e nella lettera dell’articolo 9, promuove lo sviluppo della cultura. È scritto a chiare lettere. La musica è parte essenziale della Cultura di questo Paese. Dunque difendere la Musica è difendere uno dei fondamenti del nostro vivere insieme. È come difendere il panorama, l’aria, i boschi le acque o il patrimonio artistico di cui è ricco il nostro Paese.
Sull’importanza della Musica nella crescita dell’individuo dunque non si possono più sprecare parole. E’ già stato detto tutto e le nostre orecchie sono stanche di ascoltare. I nostri grandi musicisti, Abbado, Accardo, Muti, Pollini, Ughi eccetera, da anni lo ripetono pubblicamente. E qui scatta il paradosso: quelli che debbono prendere decisioni, che finora sono stati sordi e ciechi a tutte le richieste, gli avversari contro cui noi tutti lanciamo strali, ascoltano pazienti, si dichiarano ufficialmente d’accordo sullo stato disastroso delle cose, e, comprensivi e solidali, promettono azioni, progetti e interventi. Parlano così sia gli avversari che gli amici. Si, anche loro. Rassicuranti pure loro. Dicono: faremo, daremo, siamo con voi. E poi?
Qual è il risultato di tutti questi colloqui? Le comparsate in spettacoli televisivi, aperture della Scala e prime pagine dei giornali vicino a quelli che considerano, e sono, glorie nazionali. E qui finisce. Con due parole di circostanza magari suggerite da esperti che non sono del settore, consulenti ignoti ai più. A questo punto, sentiti sedicenti esperti e suggeritori di ogni risma, ignorati i bisogni concreti dei professionisti, gli amministratori pubblici si sentono appagati e sono pronti a legiferare. Sono sicuri di aver fatto il loro dovere. Anzi di più.
Le proposte di legge monche e zoppe che abbiamo sotto gli occhi sono il frutto di questo andazzo. Insomma rischiamo in molte situazioni di essere eliminati non solo dai nostri nemici, sordi e ciechi, ma di cadere vittime anche del fuoco amico, di chi, in linea di principio, si trova sulla nostra stessa barricata e vuol difendere fino in fondo i valori culturali propugnati dalla nostra Costituzione. Spiace dirlo ma è così.
Il motivo di questo comportamento c’è. Il 99% della nostra classe dirigente ignora le note perché, come alla quasi totalità della scolaresca italiana dai 6 ai 18 anni, nessuno si è mai preoccupato di insegnare la musica come materia obbligatoria. E allora come si può desiderare ed amare una cosa che non si conosce?
E quando chiediamo di portare la Musica colta in tv o sui giornali, la risposta immancabilmente è: non fa audience, non porta lettori. E qui si entra nel ventre della bestia: il rapporto tra la musica e gli investimenti. La musica è un investimento, concreto, tangibile, non necessariamente economico e quando lo è non è da identificarsi col profitto. Anzi, molta della diffidenza e dei danni perpetrati nei riguardi della Musica nasce da questa erronea valutazione. Che sarebbe: ci metto i soldi e voglio vedere il guadagno, subito. E’ il ragionamento del Ministro Brunetta che ha pronunciato nei riguardi della nostra categoria le parole più ingiuriose ed ignoranti, cieche e ingiuste mai pronunciate da una figura pubblica italiana dal dopoguerra ad oggi. Un ragionamento raccapricciante. La Musica, invece, è un investimento i cui frutti sono a medio e lungo termine: comportamentali e culturali: cultura intesa anche in senso religioso ed etico. Insomma è un investimento che alimenta quell’indice di Appagamento-Compiacimento sociale diventato un parametro con cui le democrazie occidentali giudicano se stesse. È un indicatore analizzato come il PIL. Anzi, sta diventando più attendibile.
Pensate che tra Firenze e Catania, un’area grande più o meno come la Scozia e l’Irlanda, c’è solo un orchestra che lavora 12 mesi l’anno, escludendo Enti Lirici e Fondazioni. La sola città di Londra ne ha 5, Berlino 13 e Monaco 7 di cui 4 di livello internazionale. La Rai su 4 orchestre sinfoniche ne ha chiuse 3. E le altre, quelle degli Enti lirici e delle fondazioni , col decreto Bondi, diventeranno orchestre di precari. Viene svilita la natura e l’essenza di un’orchestra, frutto di anni di affinità e di lavoro in comune.
Chiudono orchestre, festival e associazioni concertistiche, su 300 ultimamente hanno chiuso in 150. Ma paradossalmente, ed è quello che ci ferisce di più, l’Italia non ha mai avuto tanti talenti da offrire, soprattutto nell’età tra 20 e i 30 anni.
Siamo davanti a una generazione Senza:
Senza speranza di potersi esibire se sono solisti.
Senza poter crescere.
Senza poter entrare in un’orchestra, che è il caso della maggioranza.
Senza poter dimostrare al mondo che esistono.
Ho finito.
Grazie per l’attenzione
Daniela Petracchi

www.musicarticolo9.it

[email protected]